lunedì 30 giugno 2014

IL POTERE SEGRETO - avv. Edoardo Longo -

Il blog politicamente scorretto coordinato dall' avvocato Edoardo Longo

LUIGI CABRINI : UNA PREZIOSA TESTIMONIANZA STORICA

IL POTERE SEGRETO: LINEAMENTI DI UN’INQUIETANTE E SEMPRE PIÙ  ATTUALE REALTÀ DI “DOMINIO OCCULTO” SU GENTI, RISORSE E NAZIONI
Breve saggio di antropologia culturale, storica, socio-economica, politica e religiosa scritto in occasione della ristampa di un documento di grande valore storico, occultato dal regime democratico nazionale nell’arco degli ultimi sei decenni.
                                                                                            
       Breve Premessa
      Il Potere Segreto, testo riproposto ai lettori nel dicembre 2012 grazie all’interessamento, alle ricerche, al lavoro e alla dedizione dell’avvocato Edoardo Longo titolare delle Edizioni della Lanterna che ne hanno effettuato la ristampa, è un libro di storia che riappare dopo 62 anni dalla sua prima edizione del 1952: edizione praticamente introvabile e mai diffusa in quanto messa subito sotto sequestro dalla “censura democratica” in ragione delle testimonianze storiche che riportava; testimonianze alquanto scomode e “improponibili” per gli orientamenti generali di quel periodo post-fascista e post-guerra, caratterizzati da un antifascismo che giustificava e autorizzava qualsiasi tipo di intervento manipolativo sul pensiero, l’analisi storica e sulla cultura più in generale.
     Il Potere Segreto costituisce una testimonianza storica rarissima, scritta da una persona informatissima. Si tratta di Luigi Cabrini, segretario personale di Giovanni Preziosi che fu ministro di Stato nel periodo fascista e ambasciatore speciale del Duce nella Repubblica di Salò. Il Preziosi è   unanimemente ritenuto il più informato studioso italiano della “questione ebraica” e della presenza massonica nei gangli del potere politico internazionale. Il libro di Luigi Cabrini raccoglie i ricordi e le confidenze di Giovanni Preziosi sulle cause occulte che generarono il secondo conflitto mondiale e, in particolare, sulle trame di agenti e infiltrati della massoneria e del giudaismo plutocratico nei gangli del potere politico al fine di destabilizzare l’Italia fascista, unico regime politico che aveva osato mettere fuori legge la massoneria.
      Come detto, questo libro comparve fugacemente nel 1952. Fu, però, posto subito sotto sequestro e il suo autore, che era cattolico, venne internato in manicomio e condannato alla damnatio memoriae a causa delle scomode rivelazioni riportate nel suo scritto. In esso si svelano infatti trame e legami ancora oggi poco conosciuti (come le numerose infiltrazioni massoniche nelle gerarchie fasciste e post-fasciste) che hanno dato un preciso orientamento al decorso storico non solo dell’Italia ma dell’intero Occidente. Proprio per questo i suoi contenuti, se adeguatamente estrapolati dall’ambito ideologico-sentimentale dell’autore, sono di strettissima attualità visto l’inquietante quadro complessivo che la congiuntura mondiale attuale sta presentando.
       Come dice l’Editore, questo libro rappresenta un evento editoriale. Dopo la “censura democratica” di oltre sessant’anni rivede, infatti, finalmente la luce e, per chi abbia occhi per vedere oltre la cortina fumogena delle sistematiche contraffazioni e mistificazioni della realtà, contribuisce a fornire elementi particolarmente utili e pregnanti al fine di poter decifrare il disegno e la “lunga mano” che reggono il percorso che l’attuale umanità sta, più o meno consapevolmente, seguendo.
a)      Alcune precisazioni su “Sette”, “Massoneria” e “Società segrete”.
Le organizzazioni massoniche, sorte nel XVII secolo, manifestarono subito la loro natura di  “Centri Occulti di Potere” che, sotto sembianze rituali e simboliche miravano a interessi materiali e di dominio sulle persone e sulle nazioni. Situazione, questa, perfettamente descritta, con dovizia di interessanti particolari storici, nel libro del Cabrini, situazione per cui si viene poi a determinare la ricorrente assimilazione tra il termine “Massoneria” e quello di “Centri di Potere Segreto”, materialisti e immorali, miranti esclusivamente a contaminare e sovvertire con ogni mezzo tutti i valori tradizionali dell’Occidente al fine di ridurlo all’impotenza e prenderne il controllo totale.   
Per quanto concerne infine il proliferare nell’Occidente moderno di sette “pseudo-spirituali” di matrice orientale si tratta di quel carattere confusivo proprio dell’Occidente moderno e contemporaneo in cui viene sistematicamente contraffatto e impropriamente divulgato (spesso con una precisa e pianificata volontà di intenti da parte di “Centri Occulti” propriamente preposti a tale funzione corruttiva e distorsiva) lo spirito “Tradizionale” e “Metafisico” delle dottrine orientali.
Il principale esempio di questo tipo di pratica è rappresentato dalla cosiddetta “Società Teosofica” (che tanta fortuna ha avuto e continua ad avere in tutto il continente americano) fondata ad inizio novecento dalla sensitiva russa Hélena Blavatsky e che si è poi articolato in una complessa rete di ramificazioni, alcune delle quali individuate anche nel resoconto dello stesso Cabrini.
      
b)      La Grande Depressione di Karl Polanyi (1886-1964).
Per dare un riscontro a più ampio respiro ai contenuti presentati nell’opera del Cabrini, riteniamo particolarmente indicato fare un riferimento comparativo con un testo di antropologia economica di un autorevole autore in materia, scritto una decina di anni prima (tra il 1940 e il 1943) del libro di Luigi Cabrini. Stiamo parlando de La Grande Trasformazione ad opera dell’autore ungherese Karl Polanyi (1886-1964). Si tratta di un testo importante perché anticipa i temi della ricerca propriamente antropologica, in ambito socio-economico, da parte di un autore il cui nome solo in tempi relativamente recenti si è cominciato a conoscere in Italia (mentre era già molto conosciuto in altri paesi, soprattutto in Francia, Inghilterra e Stati Uniti). Karl Polanyi, infatti, con i suoi studi sulle società arcaiche e primitive (e con una vasta produzione di scritti socio-economici che hanno ricevuto ampio riconoscimento da parte di tutti gli studiosi del settore), è figura di primo piano nell’antropologia economica e nell’economia comparata, con un’influenza che si estende anche a storici e a sociologi.
Il testo in questione costituisce un’acuta analisi sulla crisi delle istituzioni liberali e la “grande trasformazione” da esse subita negli anni 30 del secolo scorso; un’analisi che ne ricerca le origini (proprio con significativa coincidenza geografica con certi precisi riferimenti storici riportati nel testo del Cabrini) nell’Inghilterra, in questo caso ricardiana, in quelle che sono le caratteristiche proprie della “Società di Mercato” posta in rapporto alle società primitive. Tutto ciò confluisce in una critica del liberalismo tra le più severe e radicali che, sorprendentemente, non manca di avere impressionanti punti di contatto con quanto riportato, con modalità espositive certamente meno tecniche, dal Cabrini nel suo testo Il Potere Segreto. Siamo negli anni della seconda guerra mondiale e il testo di Polaniy rappresenta qualcosa di più di una semplice testimonianza del malessere degli intellettuali quale si manifestava in quel preciso momento storico. È infatti un testo che va nella costruzione, tante volte auspicata da più parti, di una “Scienza unificata delle società umane”. Non opera di storia, di economia, di sociologia, anche se investe gli ambiti specifici di tutte e tre le discipline. L’elemento centrale della Grande Trasformazione è il capovolgimento dell’idea liberale che la “Società di Mercato” costituisca un punto d’arrivo “naturale” nel percorso della Società Umana. Per Polanyi l’idea propugnata dall’economia politica classica di un sistema in cui l’economia è venuta a sottrarsi al controllo sociale, rappresenta un’artificiosità che diviene particolarmente evidente nei momenti di transizione e all’inizio e alla fine del ciclo che lui ritiene concluso dell’esistenza storica di tale tipo di società. L’analisi di Polanyi passa per una “anamnesi” e una “diagnosi” della “Società di Mercato” e dell’individuazione dei punti cruciali di tensione che ne determinano il crollo o la “trasformazione”. Nel fare ciò mette a fuoco, in maniera tecnica, quei passaggi storici maggiormente pregnanti, il più importante dei quali, come detto, coincide perfettamente e sorprendentemente con quanto riportato, con differente stile narrativo, nell’opera di Luigi Cabrini.       
c)      “Potere Segreto” e “Alta Finanza”, una singolare convergenza.
  L’analisi socio-economica proposta da Polanyi nel suo testo La grande depressione è molto articolata, ma qui ci occuperemo di passare sinteticamente in rassegna quello specifico settore che si attaglia mirabilmente alle testimonianze storiche e alle considerazioni riportate nello scritto di Luigi Cabrini. Seguendo la lucida e acuta analisi di Polanyi, la civiltà del diciannovesimo secolo poggiava su quattro pilastri istituzionali: 1) Il “Sistema dell’Equilibrio del Potere” fra gruppi e singole potenze che per un secolo impedì, appunto, che tra le Grandi Potenze scoppiassero guerre lunghe e devastanti; 2) La “Base Aurea Internazionale” che era il simbolo di un’organizzazione unica dell’economia mondiale; 3) L’utopia del “Mercato Autoregolato” che, al momento, stava producendo un benessere senza precedenti; 4) Lo “Stato Liberale. Si tratta di due istituzioni di tipo economico e due di tipo politico che nel loro insieme determinano i tratti caratteristici della storia della Civiltà Occidentale Moderna. Come osserva il nostro autore, la “Base Aurea” dimostrò di costituire l’asse portante e decisivo del sistema e la sua caduta fu la principale causa della catastrofe in quanto provocò anche la repentina caduta delle altre istituzioni che erano state sacrificate nel vano tentativo di salvarla. Il nucleo centrale di tale sistema era invece rappresentato dal “Mercato Autoregolantesi” che rappresentava l’aberrante innovazione e ciò che diede origine ad una civiltà specifica che trovò la sua “Sede Originaria” nell’Inghilterra del XIX secolo.
Sempre seguendo l’analisi di Polanyi, il diciannovesimo secolo ha prodotto un fenomeno inedito negli annali della Civiltà Occidentale, ovvero una “pace” di cento anni nel periodo che va dal 1815 al 1914. Infatti, come afferma il nostro autore, a parte la guerra di Crimea (un avvenimento più o meno coloniale), Inghilterra, Francia, Prussia, Austria, Italia e Russia furono impegnate a farsi guerra solo per un periodo, si fa per dire, di meri diciotto mesi, mentre un raffronto con i secoli precedenti dà una media che va dai sessanta ai settanta anni di guerre importanti per ciascun secolo.
Questo improvviso e acuto interesse per la “pace”, che sorge a partire dal 1815, era anzitutto promosso da quei soggetti che più ne beneficiavano, cioè quel cartello di sovrani e di feudatari le cui situazioni patrimoniali erano minacciate dall’onda rivoluzionaria di patriottismo risorgimentale che spazzava il continente. Fu così che per circa un terzo di secolo la Santa Alleanza rappresentò l’elemento coercitivo per l’attuazione di una politica di “pace”. Dal 1846 fino al 1871 (periodo considerato uno dei più confusi e convulsi quarti di secolo della storia europea) il mantenimento della “pace” fu un po’ meno saldo in quanto la forza calante della reazione si scontrava con la forza crescente del “Processo di Industrializzazione”. Nell’ultimo quarto di secolo, quello successivo alla guerra franco-prussiana, il risorto interesse per la “pace” è rappresentato da quella nuova e poderosa entità che era il “Concerto Europeo”. Tale rinnovato interesse per la “pace”, però, aveva bisogno di uno strumento sociale adeguato per poter dare i suoi frutti e sia la “Santa Alleanza” che il “Concerto Europeo” avevano dei limiti oggettivi ben precisi. Entrambi rappresentavano infatti soltanto raggruppamenti di stati indipendenti e sovrani, pertanto sottoposti all’ “equilibrio del potere” ed al suo meccanismo intrinseco: ovvero, “la Guerra”. Ecco quindi irrompere sulla scena un fattore sorprendente in grado di costituire quello “strumento sociale adeguato”, capace di operare in “modo coperto” sul sistema, sostituendo il ruolo fino a quel momento svolto da dinastie e episcopati, rendendo così effettivo l’interesse per la “pace”. Questo fattore “anonimo” e “sovranazionale” era costituito dall’ Alta Finanza (la haute finance).
Una ricerca completa e rigorosa sulla natura della “Banca Internazionale” nel diciannovesimo secolo forse non è stata ancora adeguatamente intrapresa, e questa misteriosa istituzione rimane tuttora in buona parte avvolta in quelli che Polanyi definisce i chiaroscuri della mitologia politico-economica. La haute finance (l’Alta Finanza) era un’istituzione anonima e “nascosta”,  caratterizzante il contesto socio-economico e politico dell’ultimo trentennio del diciannovesimo secolo e del primo trentennio del secolo successivo, che funzionava come principale fattore di raccordo e collegamento tra l’organizzazione politica e economica del mondo di quel periodo in quanto era in grado di fornire gli strumenti adeguati ad un sistema di pace internazionale che operava sì con l’aiuto delle potenze, ma che tali potenze non potevano né creare, né mantenere. A differenza del “Concerto Europeo”, che agiva soltanto ad intermittenza, la haute finance funzionava come una struttura organizzativa permanente dal carattere più elastico. Era allo stesso tempo in contatto con i singoli governi (anche con i più potenti) ma del tutto indipendente da essi. Era anche indipendente dalle “Banche Centrali” (anche dalla banca d’Inghilterra), ma allo stesso tempo era strettamente legata alle stesse. Altro elemento di non secondaria importanza era quello rappresentato da uno stretto contatto tra “finanza” e “diplomazia”, tanto che non era sempre facile stabilire dove finissero i confini dell’una e iniziassero quelli dell’altra, quasi che i ruoli fossero intercambiabili.
Come osserva sempre molto puntualmente Polanyi, sia il personale che le motivazioni di questa singolare struttura organizzativa affondavano le loro radici nell’ambito della sfera privata dell’interesse strettamente finanziario. La “metafisica extraterritorialità” dei Rothschild, dinastia di banchieri ebrei insediata nelle diverse capitali europee, offriva una soluzione pressoché perfetta per le necessità di specie, osserva sempre il nostro autore. Tale dinastia, infatti, non era sottoposta ad alcun particolare governo e come famiglia incarnava molto bene l’ideale astratto dell’ “Internazionalismo”. La lealtà dei suoi componenti era esclusivamente rivolta verso una “ditta” che godeva di un credito che le permetteva di costituire un punto di riferimento ed un vero e proprio collante sovranazionale tra governo politico e impresa industriale, e la sua indipendenza sorgeva dalle necessità del tempo che richiedevano la presenza di un’ “entità sovrana” che godesse della fiducia sia degli statisti nazionali che degli investitori internazionali. Detta dinastia era tutt’altro che “pacifista” (la haute finance, infatti, non era affatto intesa come una “struttura di pace”: questa funzione le toccò del tutto accidentalmente): i suoi componenti avevano fatto la loro fortuna finanziando guerre e qualsiasi altro tipo di attività immorali di grande portata sotto il profilo del profitto. Erano persone sorde a qualsiasi considerazione morale e non avanzavano alcuna obiezione in riferimento ad eventuali “guerre secondarie”, brevi o localizzate. In quel preciso momento storico i loro interessi sarebbero stati ostacolati solo se una Guerra Generale tra le Grandi Potenze avesse interferito con i fondamenti monetari del sistema. Polanyi non ha alcuna esitazione nell’affermare che da un punto di vista organizzativo la heute finance (l’Alta Finanza) veniva a costituire il nucleo portante di una delle più complesse istituzioni di controllo socio-economico e politico che la storia dell’uomo abbia concepito e prodotto nell’arco della sua vicenda. La motivazione di fondo della heute finance era il “guadagno” e per raggiungerlo era necessario essere d’accordo con i governi che avevano fini di potenza e di conquista. Tuttavia, si ribadisce, il maggior pericolo che minacciava i capitalisti europei era la guerra: non una guerra da parte di una “Grande Potenza” ad una “Piccola Potenza”, ma una Guerra Generale tra le “Grandi Potenze”.
Alla fine del diciannovesimo secolo la haute finance era al massimo del suo potere e la pace sembrava sicura più che mai, ma l’equilibrio era invece ormai giunto alla sua fine. Il fatto che fossero rimasti solo due gruppi concorrenti di potenze (la “Triplice Alleanza” e la “Controalleanza” che includeva la Russia) faceva sì che il meccanismo dell’ “Equilibrio del Potere” cessasse di funzionare, non essendovi più un terzo gruppo che poteva unirsi con uno o con l’altro dei contendenti per contrastare chiunque cercasse di aumentare il proprio potere. Allo stesso tempo cominciavano a manifestarsi i primi sintomi di dissoluzione delle forme esistenti dell’economia mondiale, la rivalità coloniale divenne sempre più accesa e la capacità della heute finance di impedire l’allargamento dei conflitti cominciava rapidamente a decrescere. Tutto ciò annunciava l’ormai prossimo e inevitabile disastro e la trasformazione di un’intera civiltà negli anni trenta del ventesimo secolo. Qui si arresta la penetrante e articolata analisi di Karl Polanyi circa il Potere esercitato fino a quel momento sulle Nazioni da quel “Singolare Organismo” dell’Alta Finanza.
 Concludiamo questo paragrafo sottolineando di sfuggita il fatto che l’autore in questione è stato uno dei più brillanti intellettuali ungheresi. Proveniva, quindi, da quel fecondo habitat intellettuale della cultura centroeuropea ed ebbe occasione di confrontarsi e interagire proficuamente con quasi tutti i maggiori pensatori europei a lui contemporanei. Era di idee socialiste e nel 1908 collaborò pure con esponenti della “Massoneria Culturale” ungherese alla fondazione del Circolo Culturale “Galileo Galilei” a Budapest (nella cui sede intervennero alcune tra le più eminenti personalità culturali europee di quell’epoca) di cui fu anche Presidente. Non può certo, pertanto, essere considerato un pensatore  vicino a posizioni come quelle del Preziosi e del Cabrini; ma nonostante questo giunge comunque, tramite un’articolata analisi storica e socio-economico di tipo tecnico, a convergere pienamente con certi punti essenziali contenuti nello scritto del Cabrini.      
                
d)      “Potere Segreto”, “Alta Finanza” e “Globalizzazione”.
L’analisi di Polanyi ci conduce fino agli inizi del collasso del sistema economico internazionale e a quelli della Grande Trasformazione del primo trentennio del ventesimo secolo. Ripercorrendo rapidamente l’iter storico successivo, abbiamo due conflitti mondiali di cui il secondo è la conseguenza diretta del primo, la sconfitta della Germania di Hitler (e dell’Italia fascista e del Giappone), la Guerra Fredda, il crollo del Muro di Berlino e dell’Unione Sovietica e il processo di Globalizzazione, tuttora in corso, in cui si inserisce il miraggio di un’Unione Europea costruita solo sulla presenza di una Moneta Comune.
A questo punto è però doveroso chiedersi come possa essersi trasformata un’Organizzazione come la haute finance che Polanyi non ha esitato a definire “il nucleo di una delle più complesse istituzioni che la storia dell’uomo abbia prodotto”. È alquanto difficile pensare che un apparato così potente, ramificato ed elastico (che è quindi in grado di adeguarsi, per fare i propri interessi, ad ogni tipo di congiuntura assumendo sempre e comunque una posizione allo stesso tempo “coperta” e “centrale”) si sia fatto imbrigliare dagli eventi - che, in certa parte, è sempre riuscito a determinare e, come minimo, a controllare - e che l’Alta Finanza dei nostri giorni sia ben altra cosa da quell’apparato immorale, preposto a sfruttare tutto e tutti, così analiticamente descritto da Polanyi. Anzi, di fronte a quanto è successo e sta succedendo dagli esiti di quel primo trentennio del ventesimo secolo c’è da ritenere che la haute finance si sia trasformata in una macchina di potere e di dominio molto più pericolosa e sofisticata di quanto non fosse in quel recente passato.
C’è anche da dire che dopo la fine del secondo conflitto mondiale si è venuta a riproporre una situazione del tutto analoga a quella descritta da Polanyi in riferimento alla cosiddetta “Pace dei Cento anni” (caratterizzata, appunto,  da piccoli e marginali conflitti a bassa intensità) in cui, come abbiamo visto, si è insinuato il potere della haute finance. Abbiamo infatti: 1) Un meccanismo di equilibrio del potere ora determinato dalla deterrenza rappresentata dalla presenza sulla scena mondiale degli arsenali nucleari in possesso delle Grandi e Medie Potenze; 2) Alla base aurea del precedente periodo fa in un certo senso da contraltare il dollaro americano come punto di riferimento per gli scambi internazionali; 3) L’evoluzione della mistificazione del “Mercato autoregolato”; 4) Un progressivo aumento dei cosiddetti governi liberali. Alla luce di tutto questo, non è infatti irragionevole pensare che la haute finance - o meglio, ciò che veramente le corrisponde in questo momento - abbia assunto un ulteriore e forse definitivo salto di qualità di cui il “Processo di Globalizzazione” in atto rappresenta la concreta possibilità di un dominio assoluto, a tutti i livelli, su persone e risorse dell’intero pianeta.    
Dinanzi ai disastri che la scellerata politica economica intrapresa dall’Unione Europea sta provocando in molti paesi (di cui la situazione greca ed ancor più la recentissima incredibile crisi cipriota di questi giorni sono una testimonianza inequivocabile) vi è un crescente numero di esponenti della società civile e del mondo politico che comincia a tirare in ballo la questione della “Congiura Massonica”. Ma la cosa più interessante è che una certa parte dei loro interlocutori (dai più disparati indirizzi di pensiero), che in precedenti occasioni manifestavano un atteggiamento apertamente ironico e pure irrisorio, oggi sono molto meno irridenti e molto più cauti nel manifestare un’aperta negazione di fronte a tale eventualità che fino a poco tempo fa era ritenuta un “infondato delirio ideologico” di alcuni esponenti del pensiero reazionario più bieco e retrivo; e la singolare circostanza che una testimonianza storica come quella offerta dalla riedizione dello scritto di Luigi Cabrini, Il Potere Segreto, sia avvenuta proprio in un momento come questo potrebbe far pensare ad un caso di quella misteriosa “sincronia degli eventi” tanto cara agli studiosi delle dinamiche della psiche umana.
Conclusioni.
A conclusione di questo breve saggio vorremmo rivolgere un invito a tutti gli studiosi e alle persone che si interessano di “Scienze Umane e della Cultura”. Vorremmo invitarli ad abbandonare, almeno per un momento, un certo tipo di osservazione superficiale - cui spesso corrisponde un certo tipo di improduttiva, facile e scontata retorica - per cercare di verificare e di comprendere la ragione di fondo per cui sembra che nell’anima dei popoli europei (nel loro, per così dire, “inconscio collettivo”) sia come presente, e spesso ad uno stato di latenza, un irrazionale sentimento antisemita: quasi vi fosse la percezione inconscia che il popolo ebreo costituisca un tipo di “alterità antropologica” pressoché irriducibile alla natura e ai valori profondi dell’uomo europeo: e, proprio per questo, un’alterità estremamente pericolosa per la coesione umana, sociale e spirituale del contesto di fondo che è precipuo a tale uomo.
Analizzando la storia dell’Europa non si può infatti disconoscere il fatto che tale tipo di sentimento irrazionale, spesso latente, si comporta come un fiume carsico che a volte emerge in superficie con tutta la potenza della sua forza distruttiva, assumendo veste razionale (come è accaduto in un recente passato) in ideologie aberranti e in comportamenti gravemente deviati e  distruttivi per poi rientrare nelle viscere dell’anima in attesa delle condizioni favorevoli per una successiva nuova manifestazione esteriore. Una ricerca seria e obiettiva in questo tipo di direzione, condotta da persone qualificate e “senza interessi di parte”, potrebbe forse fornire delle risposte del tutto sorprendenti e inaspettate al fenomeno del tanto discusso e oggettivamente innegabile antisemitismo europeo.
Alla luce di quanto appena esposto in questo breve saggio, consigliamo un’attenta lettura del testo di Luigi Cabrini, Il Potere Segreto, in quanto siamo certi che, al di là del comprensibile stile narrativo proprio di una fase storica e del tipo di pensiero che la ha maggiormente caratterizzata, non manca comunque di contenere e trasmettere precise testimonianze storiche che, alla luce di quanto sta avvenendo in questo particolare e delicato frangente in cui è direttamente coinvolta l’intera comunità mondiale, permettono di condurre una riflessione di ampia portata suffragata, appunto, da elementi oggettivamente preziosi; riflessione, questa, particolarmente urgente viste le impellenti e gravi contingenze che presenta e ci chiama ad affrontare il momento cruciale attuale.
Rinnoviamo, infine, il nostro vivo e sincero ringraziamento all’editore che si è profuso in un’iniziativa che, visto il contesto nazionale e generale, poche persone avrebbero avuto il coraggio di intraprendere e portare a compimento.  
             
    Rita e Paolo Marchetti    
                                                                                                                             

Nessun commento:

Posta un commento