domenica 26 luglio 2015

GELA, 1943 : IL RITORNO DELLA MAFIA IN SICILIA


GELA, 1943 : IL RITORNO DELLA MAFIA IN SICILIA


Di Reporter

Luglio 1943: Gela contro le truppe “anglomafiose”. – la nascita della repubblica italiana e dell’ indipendentismo siciliano.

Gela, 13 lug – Settantadue anni fa nella piazza del Duomo di Gela si respirava aria di morte. Poche ore prima si era consumata nelle strade della cittadina siciliana una battaglia all’ultimo uomo tra le truppe dell’Asse e gli invasori.

La popolazione non rimase a guardare e diede man forte al Regio Esercito e agli alleati tedeschi. È vero la storia ufficiale dice ben altro. Ma, la verità alla fine viene fuori. Sono gli stessi archivi dell’esercito statunitense a confermarci che l’invasione della Sicilia non fu una passeggiata di salute.

Ma, questo dato non basta. Il tema forte, però, è un altro: la collaborazione di Cosa nostra con gli invasori. Proprio per questo ieri l’Associazione Libera (che si batte contro tutte le mafie) avrebbe dovuto organizzare una bella manifestazione per non dimenticare. Ma, forse ciò che andava rammentato faceva paura a Don Luigi Ciotti, leader della sopracitata organizzazione. Il prelato da strada avrebbe dovuto spiegare ai suoi democraticissimi seguaci che i partigiani in Tricania non portavano il fazzoletto al collo, ma preferivano la coppola in testa e la lupara in mano. Insomma la resistenza al nazifascismo era prerogativa dei padrini. Vediamo perché.

Tra il 9 ed il 10 luglio del 1943, iniziò la campagna delle forze alleate per la liberazione dell’Italia dai nazi-fascisti. L’operazione venne denomimata “Husky” (cane da slitta) e vide sbarcare in Sicilia 160 mila uomini tra britannici, statunitensi e canadesi. Ma qualcuno negli anni studiando l’evento ha fornito particolari assai interessanti. Uno di questi è Michele Pantaleone da Villalba, esperto di storia della mafia. Egli raccolse testimonianze e documenti, confermati dalla “Commissione Parlamentare Antimafia” del 4 febbraio del 1976, dimostrando quello che solo i vecchi nostalgici osavano affermare. Vediamo nel dettaglio questa ricostruzione.

La Commissione Parlamentare Antimafia accertò, infatti, che:

“Numerosi emissari dell’Esercito Americano, vennero inviati preventivamente in Sicilia, al fine di preparare psicologicamente l’isola allo sbarco e di prendere contatti con gli uomini di cosa nostra. L’avvocato [ ebreo – NDR ]  Moses Polakoff, difensore del mafioso americano Mayer Lansky, prese i contatti, non solo con quest’ultimo, ma persino con il siciliano Lucky Luciano (per l’anagrafe Salvatore Lucania) a quel tempo in carcere in America. Luciano mise in contatto in Comando Generale Usa, con il capo della mafia siciliana che era allora Don Calogero Vizzini da Villalba. Vizzini si coordinò con gli altri mafiosi siciliani, tra i quali Giuseppe Genco Russo di Mussomeli, al fine di aiutare gli Americani nello sbarco, tra il 9 ed il 10 luglio 1943”.

A sbarrare la strada aperta dai mafiosi, ci pensarono i fascisti. La piana di Gela fu campo di una durissima battaglia, consumatasi tra i tedeschi dell’Armata “Hermann Goering”, egli italiani dell’Armata “Livorno” contro le Forze Alleate.

Stessa durissima battaglia si combatté sul fiume Simeto, dove la VII Armata, riuscì a bloccare l’avanzata degli Americani verso Catania.

Il 17 luglio 1943 gli americani entrarono ad Agrigento, il 22 luglio a Palermo ed il 17 agosto a Messina. Venne quindi insediato il Governo AMGOT, al capo del quale fu designato il Generale Charles Poletti.

Alla ricostruzione dell’accaduto si aggiunge un interessantissimo libro di Andrea Augello “ Uccidi gli italiani. Gela 1943, la battaglia dimenticata”.  Una lettura controcorrente che smentisce lo stereotipo del caloroso welcome dei siciliani agli amici americani.

Augello, infatti, spiega che a Gela si combatté strada per strada.  La propaganda alleata celebrò lo sbarco come “una passeggiata militare, ostacolata solo da qualche coriaceo carro Tigre tedesco, mentre masse d’italiani festanti correvano loro incontro”.  Folle festanti ci furono inizialmente a Palermo e in altre località, con l’attiva partecipazione della Mafia, che poteva così, dopo vent’ anni di Fascismo, riprendere il possesso del territorio.  Augello spiega bene anche il clima che si respirava in quei giorni.

“Le condizioni di vita dei siciliani erano diventate insostenibili dopo mesi di crudeli bombardamenti. La Sicilia e la punta della Calabria furono letteralmente arate dall’aviazione alleata, che provocò il collasso della vita civile e la carestia già prima dell’invasione.  In Sicilia i caccia alleati inaugurarono quel tiro al bersaglio contro esseri umani, animali e cose che sarebbe durato per tutta la Campagna d’Italia.  Ripetuti furono i mitragliamenti a bassa quota sulle colonne di civili inermi in fuga dalle zone di combattimento.  Furono anche impiegate piastrelle incendiarie al fosforo contro boschi e coltivazioni.  In questo quadro, l’occupazione da parte di un nemico dotato di larghi mezzi e risorse e in cui c’erano anche numerosi soldati siculo – americani, diventava il male minore: significava la fine dei bombardamenti, delle vittime, della fame, del caose della sporcizia, l’inizio di un ritorno a una vita normale”.

Detto questo, chi avesse dei dubbi sul rapporto tra la mafia e il Fascismo può trovare delle risposte.

La mafia fu da subito in prima linea sul fronte antifascista. Arrivò prima del Re, di Badoglio, dei partigiani e di De Gasperi. Cosa dovrebbe dire oggi Don Luigi Ciotti a Gela? Nulla ,,,,,,, infatti preferisce parlare di mafia capitale.

Del resto, non va dimenticato che senza l’ apporto della Mafia trapiantata nella democratica America, lo sbarco in Sicilia degli invasori yankee sarebbe stato impossibile : fa parte dei libri di Storia l’ accordo – quella volta ancora segreto – fra governo statunitense e Mafia : la mafia avrebbe fornito tutto il supporto – anche spionistico – possibile per permettere agli americani di sbarcare in Sicilia. In cambio avrebbe avuto la possibilità di reimpiantarsi in Sicilia, da dove era stata sradicata dall’ azione del prefetto di ferro Mori, che Mussolini incaricò di debellare la Piovra in Sicilia, con tutti i mezzi. Per sovrammercato, la Mafia chiese anche di avere la gestione della Sicilia a mani libere ..

Entrambe le parti, da veri galantuomini e uomini d’ onore stettero ai patti e noi oggi ne paghiamo le conseguenze : siamo sudditi degli americani ( che a settant’ anni dalla fine della guerra non se ne sono ancora andati) e la Mafia controlla totalmente la autonoma regione siciliana  e la intiera vita politica ed economica nazionale… D’ altro canto, sanno tutti che dietro i moti indipendentisti siciliani vi era la longa manus delle neocostituite cosche e ‘ndrine criminali che non gradivano il ritorno dello Stato nelle terre sicure appena liberate…

Però, qualcuno ha voluto commemorare quegli eventi. Il 10 luglio 2013, l’ambasciatore statunitense in Italia, David Thorne, celebrò il settantesimo anniversario dell’invasione della Sicilia per ricordare che Gela è stata la prima città europea ad esser “liberata dalla dittatura nazifascista”. Il diplomatico ha dimenticato di dire qualcosa. La Sicilia liberata dalle potenze dell’Asse verrà stretta dai tentacoli dell’Octopus Vulgaris, per gli amici Piovra.

Nacquero cos’ la repubblica italiana e la regione autonoma siciliana : autonoma dallo Stato, ma non dalla mafia…

Reporter



venerdì 24 luglio 2015

RENZI IN ISRAELE



RENZI IN ISRAELE

Renzi è andato in Israele.
Come tutti i Primi Ministri prima di lui.
Non stupisce: il cameriere va a casa del padrone a fare atto di sottomissione, a prendere ordini, a rinnovare le garanzie di ossequienza ed ad offrirsi come marionetta teleguidata sul palcoscenico mondiale.
Come sempre, come tutti.
E, nell’orgasmo del servilismo più becero, il buon Matteo se ne è uscito con frasi che probabilmente hanno stupito gli stessi ebrei. Ebrei sì, ma mica stupidi.
Fior da fiore:
Dal Corriere del 22 luglio u.s.:
  • “Venire qui per me e per ogni europeo è come tornare a casa”. No! Casa sua, forse. Ma non casa degli Europei, che hanno altre origini e storia. Le nostre origini – non mi stancherò mai di ripeterlo – poggiano sul Pensiero Greco, sulla Legge e sul Gladio di Roma, sulla Grandezza sacrale e statuaria Germanica. E fortunatamente l’Europa ha rifiutato di certificare le proprie origini “giudaico-cristiane”. Semplicemente perché non è vero.
  • “La sicurezza di Israele  è anche la sicurezza dell’Italia  e dell’Europa, abbiamo un destino comune da condividere” . Ancora no. No e poi no! Probabilmente non ci arriva neppure il Matteo, e non riesce a capire la essenziale differenza che si è ormai delineata fra Europa ed Occidente. Lui parla ancora, da cameriere ubbidiente, da servo sciocco, come se non fosse in atto un capovolgimento di valori, di schieramenti, di strategie. Da una parte l’Occidente, incarnato nella Nato da Gran Bretagna, Canada, USA ed Israele, e dall’altro la nuova Europa, dall’Atlantico agli Urali. La dissennata politica Israel-Americana in Medio Oriente, arrivata a distruggere due stati, Iraq e Siria, ed a creare, per interposta persona, il cosiddetto “Califfato – da orecchio – a orecchio”, ne è la dimostrazione più chiara, ma non la sola.
  • “Oggi siamo tutti Davide contro nemici barbari che usano la religione per portare terrore, miseria e morte”. Siamo all’apogeo, allo zenit della prostrazione. Una frase del genere detta in un paese che è il maggior stupratore menefreghista delle risoluzioni dell’ONU, un paese che usa proiettili al fosforo contro civili, bambini compresi, nel lager di Gaza, un paese che manda i carri ad arare fognature e rete idrica per annientare la popolazione civile, suona armonica come lo stridore di denti nell’inferno dantesco

Certo il Matteo Renzi conosce la potenza dell’ebra Goldman Sachs e conosce la sua capacità di…….. “persuasione”, sia in Italia che in Vaticano. Certo ricorda l’atto di sottomissione di Fini quando volle diventare Ministro degli Esteri (“Il Fascismo è il male assoluto” tradì bestemmiando il “monegasco” Gianfranco). Certo Renzi è stato mandato da Obama a rassicurare che il termine delle sanzioni all’Iran non comporta pericolo per lo stato ebraico. Ma mai un servitore è stato più realista del re, come il Matteo. Che oltretutto non ne capisce. L’Iran è abitato da popolazione in larga parte ariana (uno degli attributi dello Scià), e che è una grande potenza nell’area. Ci sarà inevitabile una guerra fra Israele ed Iran. Gli ebrei hanno dalle 80 alle 2/300 bombe atomiche. Ma non ammettono che altri ne abbiano. E gli USA, zitti. Per fortuna c’è Putin….
Assisteremo nei prossimo cinque o dieci anni ad una crescita accelerata di frizioni, di scontri dapprima localizzati, da incidenti e stragi in tutta l’area Medio Orientale, come avvenne (previsto) nei Balcani. Fino a che….
La fregatura per noi è che siamo a due passi. E ci sembrerà che i barconi degli invasori fossero allegre scampagnate, pic nic fuori porta.
Urge (e si avvicina!) ora più che mai la creazione della Fortezza Europa.
Destino comune con Israele? No, grazie. No, mai. Il nostro destino è Europeo, non semita (cioè o ebreo o arabo).
Europa, erwache! Il vecchio grido diventa ogni giorno più forte, più condiviso, più diffuso. Non ci credete? Fino a dieci anni fa era impensabile: oggi è comune, allargato, multiforme.
Europa, erwache!
Fabrizio Belloni
Cell. 348 31 61 598
Giovedì 23 luglio 2015.

giovedì 23 luglio 2015

SCELBA , MANCINO E STRANE MANOVRE



SCELBA ,  MANCINO E STRANE MANOVRE
  Si susseguono in Italia le continue richieste di associazioni e partiti di sinistra   per stroncare in via giudiziaria tutte le manifestazioni di "apologia di fascismo" messe in atto sul territorio nazionale.
Tutte...,non quelle "violente" ma qualunque attività esercitata in tal senso con parole,scritti o gesti che inneggino al Fascismo...
Si va così dal bar della bergamasca,che espone all'interno foto,bandiere e cimeli vari, ai negozi di souvenir sparsi in tutta Italia....da Predappio a Taormina basta la visione di un busto di gesso del Duce o di un fascio in pietra lavica per far gridare al "lupo nero" qualche atterrito "democratico ed antifascista" !!
Tanti,no....se ce ne sono centinaia di miglia di pezzi in giro vuol dire che altrettanti cittadini o stranieri li comprano.
Sono Fascisti ?? Sicuramente non tutti...saremmo già al potere,in caso contrario !!
Ricordo che,qualche mese fa,un piccolo "balilla" ha rischiato l'espulsione dall'asilo (pubblico)  perché salutava romanamente  !!
Mentre a giovanotti piú grandicelli è bastato salutare "impropriamente" ,detenere bandiere della Rsi,vessilli e stampati con celtiche ed affini...per finire sotto processo  con l'accusa di apologia del bieco regime....
Ricostituzione,no...con questa imputazione si finisce per decenni in galera...ma occorrono "fatti" concreti e (purtroppo) di concretezze in Italia non ce ne sono.
Indicati questi brevi e sintetici riferimenti, mi allargo...perché,partendo dalla presenza dei "fascisti" di Casa Pound o di Forza Nuova alle recenti manifestazioni contro i clandestini (o profughi che siano) tenute da cittadini esasperati,si pretende la "estensione" della legge Mancino a chi non subisca passivamente le decisioni del governo.
Tradotto...chi si oppone o protesta in piazza "contro" la distribuzione dei migranti decisa da Renzi,Alfano e dai vari Gabrielli rischia di vedersi incriminato per "odio razziale" e (ovviamente) per manifestazione fascista...con prospettiva di lunga condanna.
Questo fronte "resistenziale" si salda con la chiesa,i cosiddetti "buonisti" e quasi tutti i media di informazione...quindi una "potenza di fuoco" politica,economica e giudiziaria veramente notevole...e si vede dalle botte che subito hanno preso inermi  cittadini che protestavano contro l'arroganza governativa.
Finito ? No..,oggi mi dilungo un poco perché ritengo necessario allacciare quanto sopra con questo intervento (scritto il 7 luglio ma non pubblicato) riguardante alcune "strane" celebrazioni.
Se il lettore avrà la bontà di leggerlo fino in fondo,troverà il collegamento con quanto esposto sopra...(almeno così mi auguro). 

 
"Salvatore Novembre,operaio caduto in difesa della democrazia e dei diritti del lavoro". Così recita la targa che,su perentoria richiesta della Cgil,le istituzioni  catanesi hanno deciso di porre in piazza Stesicoro,a memoria dei tragici fatti del lontano luglio 1960 quando scoppiarono in tutta Italia "spontanee" manifestazioni di protesta per impedire lo svolgimento a Genova del congresso del Msi. Ovvero, un partito legittimamente rappresentato in parlamento (e che appoggiava il governo Tambroni) non avrebbe dovuto tenere la propria assise perché così avevano deciso la Cgil,il Pci,l'Anpi e tutta la sinistra partigiana italiana. Che all'epoca ( tutt'ora ??) fossero in piena funzione le serafiche "volanti rosse",dispensatrici (in tutto il Nord) della "giustizia proletaria" che abbatté come cani migliaia di vittime innocenti nel dopoguerra,era solo un dettaglio da non considerare. Per rammentarlo correttamente ai lettori : il governo Tambroni giudicò che le proteste violente messe in atto andassero contrastate pure con l'uso delle armi da fuoco e così si ebbero 11 morti e centinaia di feriti tra i manifestanti (i feriti  della polizia non contano mai per comunisti ed affini). Palermo,Reggio Emilia,Licata e Catania furono teatro degli "omicidi da parte di poliziotti drogati e con la bava alla bocca". Così (relativamente a Reggio Emilia) ho sentito incredibilmente affermare a Zapping (RadioTiranauno) tempo fa (con il concorso pure di Landini). Tanto da arrivare (con la commossa comprensione del conduttore) alla richiesta di incriminare poliziotti e quanti ancora in vita per il massacro.
Non so,per tornare a Catania,se si spingeranno fino a tanto i paladini della democrazia catanesi (Bianco compreso).
Lo strano rinfocolare queste richieste "resistenziali" (avallate da Renzi,Mattarella fino a Bianco),secondo me,trova spiegazione nel tentativo delle istituzioni di tenersi buone le anime della "sinistra" radicale rispolverando le vecchie glorie del mito partigiano. Invece il tutto non porta ad altro che ad una maggiore confusione ed all'aumento di un clima di odio e di scontro con chi non la pensi come "loro" o,semplicemente,ragioni con la propria testa. Come si può invocare "democrazia" quando si celebra come eroico il voler impedire (pur sapendo che ci sarebbero scappati i morti) ad un partito (allora il Msi) di tenere il proprio congresso ?? E pure rimettere sotto processo poliziotti ,che fecero il proprio dovere 50 anni fa obbedendo agli ordini del governo mi fa sorgere il legittimo dubbio che la sinistra (antagonista e partigiana) si stia preparando a qualche altro bis !!
Salvini stia attento....

Grazie per l'attenzione.
Vincenzo Mannello 

                                                                                                   

venerdì 17 luglio 2015

LA SCUOLA DEGLI ARDITI 1917 ( L'INNO )

La scuola degli Arditi a Sdricca di Manzano.  1917
La scuola degli Arditi a Sdricca di Manzano.
 LUGLIO 1917
A cura di Pierpaolo Silvestri
Chi percorre la strada che va da Manzano a Orsaria, a un dato punto deve piegare a destra, scendere la collina e raggiungere la sdricca (che in dialetto friulano significa striscia). La striscia, ovvero Sdricca si trova in una piana confinante col fiume Natisone. Là, ormai, semidistrutta, come scheletro al sole, si trova la vecchia caserma che fu del I° Riparto d’Assalto. Solo una targa che resiste al tempo, ricorda l’epopea del corpo d’èlite del Regio Esercito Italiano:

IN QUESTA CASA IL 29 LUGLIO 1917,
VENNERO CREATI I PRIMI REPARTI
DEGLI ARDITI D’ITALIA,
TERRORE DEL NEMICO, EROI DI
TUTTE LE BATTAGLIE

Ora tutto è silenzio, solo il canto degli uccelli e il vociare dei viticoltori (della famosa Cantina “Casaforte” –proprietari i Signori Callegaris, di Manzano-, produttori del celeberrimo “SDRICCA-L’ardito”-. Crù della Sdricca, Vol. 13°!-), rendono viva la Sdricca, ma nel 1917….
un colpo di bombarda di grosso calibro, seguito da altri, dava la sveglia agli Arditi. Lì, in quella strana caserma ricca di tende, la tromba, assai più melodiosa nel suono, non esisteva. Tutto era fragore scoppio e vociare.
In pochissimo tempo gli Arditi, lavati, vestiti e ristorati, ordinati per plotoni erano pronti per le esercitazioni sulla “collina tipo”. Si allenavano a turni in un addestramento pericolosissimo, basta pensare che dovevano avanzare carponi sotto il fuoco della mitragliatrice, manovrata magistralmente dal Tenente Bravi il quale sventagliava le pallottole a non più di un metro d’altezza dal soldato. Ci fu solo un morto: l’Ardito si alzò in piedi e… ci rimise la ghirba.
Nell’avanzare gli Arditi erano preceduti da esplosioni di proiettili di calibro 75, distanti da loro non più che una decina di metri, dovevano tagliare, passare e scavalcare reticolati, sorpassare trincee, bocche da lupo, nidi di mitragliatrici, zaffate di lanciafiamme, scoppio di petardi, contraccambiandoli, per poi finire a fare la lotta col pugnale.

Ma prima di essere ammesso alla Scuola di Sdricca, il novizio, doveva vedersela col Capitano Rachi, inventore del famoso “pendolo”. Il machiavello consisteva in un tronco d’albero alto un metro e di 60 centimetri di diametro, del peso di un quintale, appeso con una fune a un supporto. L’aspirante Ardito, previa misurazione della sua altezza fatta in altra sede, quindi inconsapevole, doveva stare sull’attenti col cappello in testa, immobile senza battere ciglio e attendere, che il Capitano Rachi avesse regolato la fune. Aspettare che il “pendolo” lo sfiorasse e gli facesse volar via il cappello. Il povero soldato, qualora si fosse mosso o avesse chiuso gli occhi, veniva inviato al reparto di provenienza perché “non idoneo al Battaglione d’Assalto”. A tal proposito Edmondo Mazzucato, Ardito, giornalista e scrittore, descrive la sua esperienza:
 “…Vi assicuro che era un giochetto che faceva impressione. Ricordo quando capitò il mio turno. Quell’affare non mi persuadeva. Pensavo: è mai possibile che quell’omino di capitano non sbagli mai la misura, con il pericolo di spaccarti la testa con quel coso lì così poco simpatico che minaccia di farti crepare come un fesso? Prima di me su una decina di aspiranti arditi, due non superarono la prova. Io ero Aiutante di Battaglia ed avevo, quindi, il dovere di fare buona figura. Ma che fifa ragazzi: sembravo, però pietrificato. Quando il famoso pendolo me lo vidi avanzare sempre più vicino. Ecco –pensai- il capitano ha sbagliato la mira ed io vado dritto all’inferno: macchè, il berretto viene proiettato lontano ed io –il pericolo era ormai scomparso- sempre lì, impalato come una mummia e con un freddo su per la schiena che non vi so descrivere… L’istruttore Rachi ha un dubbio: suppone che io ci provi gusto:
-Aiutante, vuol provare ancora?
-Grazie, capitano, non ribevo…”
Avveniva spesso che a Sdricca giungessero delle delegazioni straniere a vedere e studiare l’addestramento. Un giorno ne arriva una inglese, comandata da un generale. Tutti gli ufficiali Arditi sono lì ad illustrare gli aspetti della scuola. Giungono al “pendolo” assistono ammutoliti e ammirati, poi il generale, si rivolge a un suo ufficiale, ordinandogli di provare. Questi a malavoglia si mette sull’attenti e… quando arriva il “pendolo” si piega ad angolo retto fra l’ilarità del generale e di tutti gli Arditi del campo.
Fra le varie attività di palestra, sempre svoltesi all’aperto, non mancavano i salti mortali, i salti acrobatici sul e col bastone, il pugilato, la lotta greco-romana, il sollevamento pesi, la corsa, la scuola di pugnale. In questo clima a Sdricca nasce il I° Riparto (in seguito verranno chiamati Reparti), seguito dal II, III, IV, V e VI, fino a che, alle ore 21 del 23 ottobre 1917 tutti i Reparti lasciano la caserma per arginare l’avanzata degli austriaci. Non vedranno più Sdricca. Passeranno per Manzano la sera del 27 ottobre, diretti a Udine.

29 luglio 1917. la data fatidica!
Ore 9. 29 luglio 1917. Giunge il Re, accompagnato dal Principe di Galles, dal Principe Ereditario del Belgio, dai Generali Cadorna e Porro (quest’ultimo Vice Capo di Stato Maggiore) da generali della II (gli Arditi di Sdricca dipendevano dalla II Armata) e III Armata, da ufficiali italiani ed esteri addetti al Comando Supremo, visitano Sdricca, assistendo a un’esercitazione della presa alla“collina tipo”, con aggiramento di una caverna. Il Capitano Maggiorino Radicati è al comando della Ia Compagnia e nell’assalto dimostrativo ha l’elmetto foracchiato da pallottole e il suo corpo presenta alcune ferite. Anche diversi suoi Arditi sono malconci “per eccesso di zelo”, come scrive su “L’Ardito d’Italia” Paolo Giudici. Il Colonnello Bassi, Comandante della Scuola, dopo più di un’ora di colloquio col Sovrano, al quale ha illustrato i criteri di assalto della nuova specialità, riceve l’imprimatur. Nell’incontro al Re vengono forniti dati raffrontati fra loro, uno dei quali, a esempio, è stupefacente: il peso che ogni soldato deve portare quotidianamente, cioè il paragone fra l’equipaggiamento della fanteria con quello degli arditi: Fanteria: divisa e oggetti di corredo con elmetto Kg. 8,50; fucile con baionetta e buffetterie kg. 5,30; 5 bombe a mano assortite di medio peso Kg. 4,50; dotazione di cartucce Kg.4,55. Totale Kg. 22,85. Arditi: divisa e oggetti di corredo con elmetto Kg. 3,40; moschetto con pugnale e buffetterie Kg. 3,40; Cartucce Kg. 1,900; 12/15 petardi Thèvenot (circa kg.0,400 cadauno) 5,28. Totale Kg. 15,58, contro i 22,85.!

Ricordiamo le battaglie di quei gloriosi Cavalieri della Morte:
19 agosto 1917. Gli Arditi sono sul Monte Fratta, ad Auzza, sul Sommer, a Belpoggio, sul San Marco, alla Bainsizza.
4 settembre sul San Gabriele.
Sempre a settembre a Quota 800 della Bainsizza.
Il 18 ottobre a Yhr-Scutz (Quota 814 di Kal.) e sul Rombon.


A.N.A.I.
Sdricca di Manzano. La caserma come si presentava nel 1999. (foto PP. Silvestri)


A.N.A.I.
90° di fondazione del Corpo degli Arditi. Raduno Nazionale 30 settembre 2008. La caserma dei primi Reparti d’Assalto. (foto PP. Silvestri)


lunedì 13 luglio 2015

L'UEISMO (PER ORA E' SALVO...


...,la Grecia affonderà del tutto !!

Raggiunto l'accordo per gli "aiuti" alla Grecia...infuriano chiacchiere,polemiche ed opinioni (compresa questa) varie : cosa  accadrà ora ??
Partiamo da un dato certo : Atene resta nell'euro..,ricordo a chi legge che il sottoscritto  (testimoni i social) non ha mai creduto ad un Tsipras fautore della Grexit. Ovvero mai e poi mai Syriza,nata per sollevare il popolo greco dall'affamamento,sarebbe arrivata al punto di rivoltarsi contro la Unione Europea.
Perché ?? Perché Tsipras è l'immagine riflessa dell'UEismo,quella che offre al liberalcapitalismo imperante a Bruxelles la copertura "a sinistra"...per tenere buoni i greci (tipo Grillo in Italia e prossimamente gli spagnoli con Podemos).

Infatti,dato che cerco di essere sempre obiettivo lo ribadisco,lo stesso Alexis MAI ha parlato di uscita della Grecia dall'euro,tantomeno dalla UE...solo di "riequilibrare" i sacrifici : in sostanza,come ottenere altri miliardi (pure italiani) di euro !!
Ha tentato per questo la carta del referendum popolare che,come sempre quando si riesce a votare in un paese europeo,ha significato un NO chiaro e netto perlomeno al "dio euro".
Troppo per lo stesso Tsipras,la Merkel e tutta la congrega UEista...giù botte e frustate contro la Grecia !!
Non conosciamo esattamente i termini dell'accordo...ma credo sia sempre lo stesso percorso : salvataggio delle banche  (franco-tedesche),restituzione al Fondo Monetario (in dollari) degli anticipi,pagamento degli interessi sul debito agli speculatori e....spolpamento del popolo greco fino alle ossa !!
Tsipras ha compiuto il proprio dovere di UEista di complemento...finirà come Monti ?? Non lo so...,io ci spero !
I greci gli daranno fiducia ? Troverà un'altra maggioranza ? Si vedrà....
Per limitarci alla Grecia resta il fatto che l'unico partito compatto e coerente si dimostra Alba Dorata...sicuramente anti-UEismo.

Oddio,lo so che suscita sdegno in molti solo a nominarla...,peraltro neppure sanno cosa faccia concretamente per il popolo greco.Quelli sono "nazisti"....questa l'accusa...dimenticando che soltanto Nazismo e Fascismo, ed è Storia, hanno combattuto il liberalcapitalismo oggi rappresentato dallo UEismo,mica i comunisti ed affini !!

Grazie per l'attenzione.
Vincenzo Mannello 


sabato 11 luglio 2015

LA STORIA IGNORATA


La storia ignorata

Di Fabio Calabrese

Alcuni anni fa il principe Otto d'Asburgo allora rettore dell'università di Urbino, nella sua prolusione d'inizio dell'anno accademico, a proposito della conoscenza della storia, fece un commento meno banale e più profondo di quel che può sembrare a prima vista:
“Chi non sa da dove viene”, disse, “non può sapere dove va, perché non sa dove si trova”.
I concetti che noi abbiamo della storia influenzano l'idea che ci facciamo del presente, e quindi contribuiscono a determinare le nostre azioni in vista del futuro; per questo motivo, tutti gli studiosi dei fenomeni sociali e politici, da Malinsky e De Poncins ad Orwell, hanno messo in rilievo il fatto che la manipolazione della conoscenza storica è uno degli strumenti principali dei sistemi che, totalitari o sedicenti democratici che siano, si propongono di plagiare l'opinione pubblica.
Le democrazie, è noto, non ricorrono ad un sistema dichiarato di censura, ma al plagio di un potente sistema mediatico, oltre alla sommesione delle voci dissidenti in un coro continuo di “informazioni” futili e/o irrilevanti.
“E' possibile ingannare tutti per un certo tempo”, recita un detto, “ed è possibile ingannare qualcuno per sempre, ma non si possono ingannare tutti per sempre”. Io mi auguro ardentemente che ciò sia vero, e forse non solo lo è, ma siamo giunti ad un punto di rottura. Se il catalogo di un'agenzia libraria on line che si occupa di diffondere le opere di piccole case editrici, che non ha una caratterizzazione politica, somiglia sempre di più a quello di una libreria revisionista, questo significa che “il potere” pur con i suoi potenti mezzi sta rimanendo sempre più solo nel ripetere le sue sempre meno credibili menzogne di stato soprattutto in campo storico, su tematiche quali fascismo e antifascismo, resistenza, comunismo, guerra fredda; è una situazione che per certi versi ricorda la glasnost degli ultimi tempi dell'Unione Sovietica con Gorbacev.
Sarà che di questi tempi il Grande Fratello mondiale non se la passa troppo bene: l'Irak somiglia sempre di più al Vietnam, Bagdad è peggio di Saigon; in Afghanistan la resistenza che sembrava schiacciata sta rialzando la testa, anche in Libano Hezbollah si è dimostrata uno scoglio più duro del previsto, poi c'è l'Iran che non si piega né alle minacce né ai ricatti, e come se non bastasse ci sono anche le rogne nel cortile dietro casa: il Venezuela di Chavez, il Brasile di Lula. Fatto sta che anche nella sin qui servilissima colonia Italia si comincia a parlare un linguaggio più libero, cominciando proprio dal revisionismo storico, così temuto dal Grande Fratello orwelliano e da quello reale. La storia (sin qui) ignorata torna sotto i riflettori e le sue lezioni possono indurre a rivedere l'atteggiamento verso il presente.
Parliamo de “La bottega editoriale”, il bollettino, reperibile all'indirizzo bottegaeditoriale1@soveria.info che recensisce due collane “dire-fare-scrivere” e “scripta manent” dell'editore Rubettino. Nella prima troviamo la recensione del libro di Paolo Palma Il telefonista che spiava il quirinale – 25 luglio 1943, (recensione di Paolo Acanfora), nella seconda La resistenza demitizzata di Giampaolo Pansa (recensione di Francesco Fatica) e Compagno cittadino, il PCI tra via parlamentare e lotta armata di Salvatore Sechi (recensione di Carmine De Fazio).
“Il telefonista che spiava il quirinale” non è un personaggio letterario, è Giuseppe Mangione, allora appunto telefonista del quirinale e che dopo la guerra acquisì una certa fama come sceneggiatore, che intercettò e trascrisse le conversazioni telefoniche del re Vittorio Emanuele III e del suo entourage attorno al luglio 1943. Le trascrizioni furono poi consegnate al noto esponente partigiano Rodolfo Pacciardi fra le cui carte sono state recentemente ritrovate.
Quello che ne emerge, è un quadro completamente diverso da quel che ci eravamo abituati a considerare di un episodio chiave della nostra partecipazione al secondo conflitto mondiale, quale fu quello del 25 luglio 1943, il “ribaltone” con cui fu soppresso il regime fascista, e che doveva preludere di lì a poco all'altro ed ancor più drammatico ed infamante “ribaltone”, l'armistizio ed il cambiamento di fronte dell'8 settembre.
Contrariamente a quel che ci è stato fatto credere così a lungo, l' “arresto” (ma di arresto non si trattò) di Benito Mussolini quando questi, dopo essere stato messo in minoranza nella seduta del Gran Consiglio del fascismo si recò dal re per presentargli le proprie dimissioni, non fu per nulla frutto di una decisione improvvisa di Vittorio Emanuele III, ma l'esito ultimo di una cospirazione accuratamente preparata, una congiura che ebbe la sua “anima”, la sua “eminenza grigia” nel ministro Acquarone, un personaggio che finora gli storici hanno considerato assolutamente di secondo piano.
Per gli antifascisti di allora, di poi, di oggi, è sempre stato motivo d'imbarazzo il fatto che la “bieca” dittatura mussoliniana finisse in una maniera così “parlamentare”, con una votazione, ed ancora il fatto che dopo essere stato messo in minoranza dal Gran Consiglio, Mussolini si sia recato tranquillamente ad offrire al re le proprie dimissioni. E' stato questo il comportamento di un tiranno? O non piuttosto quello di un leale servitore dell'Italia con la coscienza tranquilla, il cui torto, semmai, è stato quello di non avvertire la fosca atmosfera da congiura da basso impero bizantino che altri gli avevano addensato attorno, come spesso accade alle persone sincere e leali che non sono in grado di comprendere fino in fondo la malizia altrui? Se invece Mussolini scelse consapevolmente di consegnarsi nelle mani di chi voleva distruggerlo, può averlo fatto solo nel tentativo di evitare che per l'Italia alla tragedia del conflitto si sommasse l'altra tragedia della guerra civile. In ogni caso, la sua statura morale ne esce ingigantita: un gigante circondato da una torma di squallidi gnomi intenti solo a cercare di trarre un profitto personale dalle sventure della Patria.
In realtà questo libro aggiunge nuovi tasselli ad un mosaico che il gran parte conoscevamo già, così come sappiamo che all'uscita dal quirinale Mussolini non fu arrestato con un atto che avesse qualche parvenza di legalità, ma rapito e portato via in segreto su di un'ambulanza: è evidente che i cospiratori temevano una reazione popolare, ed in tal modo confessavano involontariamente la popolarità di cui ancora godeva Mussolini a dispetto del disastroso andamento della guerra.
E non parliamo di altri fatti oscuri di quella tragica fine di luglio che sembrava anticipare sinistramente la guerra civile, come l'assassinio in un vile agguato di Ettore Muti “il più bello” e sicuramente uno dei più amati leader fascisti.
In realtà, non è da adesso che sappiamo che fin dall'inizio del conflitto la monarchia e gli alti gradi militari ad essa vicini tennero un comportamento ambiguo, “il piede in due staffe”, come si dice, od arrivarono a sabotare lo sforzo bellico collaborando apertamente con il nemico, al prezzo delle vite cinicamente sacrificate di migliaia di nostri combattenti.
Poiché la repubblica nata dalla “resistenza” si è sempre preoccupata di non far conoscere agli Italiani la verità sulla tragedia che li aveva colpiti, e di nascondere il volto vile e laido dell'antifascismo, quello che fu il nostro più valido scrittore di cose militari, Antonino Trizzino andò incontro nel dopoguerra a tre processi per aver affermato e documentato nel suo celebre Navi e poltrone un fatto basilare ed incontrovertibile: la condotta della Regia Marina, dei suoi alti comandi, fu, dal punto di vista dell'interesse nazionale, folle e suicida: i nostri convogli destinati al nord-Africa furono mandati senza scorta lungo le rotte di un mare dove i britannici avevano una schiacciante superiorità; le vite di migliaia di nostri marinai furono sacrificate invano, e nel contempo la penuria di rifornimenti determinò il crollo del fronte africano che aprì le porte all'invasione dell'Italia. Non basta, in un altro libro dal titolo eloquente, Gli amici dei nemici, Trizzino ha documentato i contatti che ci furono fra i nostri alti comandi ed i britannici che furono costantemente informati dei movimenti delle nostre truppe e dei nostri convogli. La monarchia ed il suo entourage, gli alti gradi militari si preparavano a saltare sul carro del probabile vincitore o (le due ipotesi non sono in contrasto) vedevano nella sconfitta un mezzo per sbarazzarsi del fascismo. Peccato che intanto a farne le spese erano, con le loro vite, i nostri soldati ed i nostri marinai, e tutto ciò ha sempre avuto un solo nome: tradimento.
Se poi aggiungiamo che la monarchia fece forti pressioni sul fascismo perché si arrivasse al più presto all'entrata in guerra, essendo Mussolini riluttante, ed i Tedeschi che conoscevano lo stato d'impreparazione delle nostre forze armate dopo che l'Italia aveva appena speso tutte le sue energie in due guerre consecutive in Etiopia e Spagna, nettamente contrari (non a caso, il giorno scelto per la dichiarazione di guerra fu il 10 giugno, il compleanno del re), è difficile sottrarsi alla conclusione che le vite degli Italiani e l'avvenire stesso dell'Italia siano stati sacrificati sull'altare di uno sporco gioco di potere.
Passiamo all'altro libro che bene s'inserisce su questa tematica: La resistenza demitizzata è per ora l'ultimo anello di una catena che l'autore ha iniziato nel 2003 con il bestseller Il sangue dei vinti, proseguita poi con Sconosciuto 1945 del 2005 e La grande bugia del 2006. La resistenza, lo sappiamo, non fu un'epopea, non ebbe nulla di nobile, fu un carnaio truce e vile, fatto di attentati e di colpi alla schiena, diretta contro i Tedeschi, ma soprattutto contro coloro che dopo l'8 settembre 1943 avevano continuato a combattere lo stesso nemico, e contro quanti minacciavano di essere un ostacolo alla “rivoluzione socialista” che si pensava d'instaurare a guerra finita. La stragrande maggioranza dei militi della Repubblica Sociale uccisi da mano comunista non caddero in combattimento, ma furono trucidati dopo essersi arresi ed aver ceduto le armi, quando non erano più in grado di difendersi. Con il 25 aprile 1945 non arrivò la “liberazione” ma la mattanza. Coloro che per due anni sanguinosi non erano stati capaci di fare altro che nascondersi sulle montagne, compiere attentati, colpire alla schiena, ora, vincitori per procura grazie ai bombardieri ed ai tank americani, sfogavano sui vinti e sugli inermi la loro barbarie bestiale.
La “resistenza” non è stata altro che questo, la pagina forse più vergognosa della nostra storia bimillenaria. Non questo lo sappiamo, lo sapevamo già ben prima che Giampaolo Pansa arrivasse a dirlo, tuttavia è un fatto molto importante che uno storico di formazione di sinistra e quindi antifascista arrivasse a dirlo, a renderlo noto al grosso pubblico tenuto nell'ignoranza per più di mezzo secolo.
Giampaolo Pansa ha iniziato questo percorso nel 2002, con un testo sui combattenti della Repubblica Sociale, I figli dell'aquila, e probabilmente a questo punto si è trovato di fronte alla verità di cosa è stata la “resistenza”, un'orrenda faida condotta soprattutto a guerra finita contro un “nemico” ormai inerme, poteva, come tanti prima di lui, insabbiare tutto, invece ha avuto il coraggio di rompere il muro dell'omertà. Come La grande bugia, La resistenza demitizzata è dedicata soprattutto a smentire gli avvocati d'ufficio della resistenza, i ben pagati megafoni e leccapiedi del regime che vorrebbero tenere la grande bugia ancora in piedi: Giorgio Bocca, Alessandro Curzi, Paolo Flores d'Arcais, Sergio Luzzatto, ed altri esemplari del più lugubre bestiario di quanti vilipendono la storia e prostituiscono l'informazione.
Chi mente sapendo di mentire, molto spesso finisce per darsi la zappa sui piedi, e così Pansa ha buon gioco citando un'affermazione di Giorgio Bocca, il più accanito di quanti vorrebbero confutarlo:
«Il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. È una pedagogia impietosa, una lezione feroce».
In poche parole, il solco di ostilità fra la popolazione ed i Tedeschi e i combattenti repubblicani fu creato artatamente, con attentati che aveva lo scopo di provocare le rappresaglie secondo la logica del “tanto peggio, tanto meglio da parte di chi mirava a fare “la rivoluzione” e non aveva alcuna preoccupazione di quanto questa logica aberrante sarebbe costata all'Italia in termini di morti e distruzioni.
Nel libro è contenuto un omaggio doveroso ad un uomo che ha cercato invano di raccontare agli Italiani la verità: Giorgio Pisanò, autore di volumi come Storia della guerra civile in Italia e Gli ultimi in grigioverde che, nonostante un'indiscussa competenza, serietà e probità come storico non riuscì a trovare un editore abbastanza coraggioso da pubblicare la verità sul periodo più buio della storia d'Italia, allora divenne egli stesso editore, e la cui tipografia fu distrutta per ben quattro volte da quattro attentati rimasti rigorosamente senza colpevoli e che non ebbero alcuna eco sui mezzi “d'informazione”.
Da parte mia, aggiungerei un punto che sembra finora sfuggito a Pansa ed alla gran parte degli storici che si sono occupati di questi fatti. A sinistra è diffusa la leggenda, che ha sicuramente meno fondamento di quella dell'esistenza del mostro di Loch Ness, che la “liberazione” sarebbe stata opera dei “resistenti”, dei partigiani, e che gli angloamericani arrivati a cose fatte, si sarebbero limitati a togliere loro di mano il frutto della vittoria. Questa leggenda comporta una confusione fra attentati, pistolettate alla schiena nei vicoli, atti di terrorismo ed azioni militari. C'è poi da stupirsi se qualcuno cresciuto in questo tipo di “cultura” abbia poi pensato di riprendere “la lotta rivoluzionaria” con gli stessi metodi? Diciamo la verità una volta per tutte: le Brigate Rosse sono state figlie legittime della “resistenza” e della “cultura resistenziale”!
In questo discorso, ben s'inserisce il terzo libro citato, Compagno cittadino, il PCI tra via parlamentare e lotta armata di Salvatore Sechi. In questo caso, non si tratta per la verità di un testo organico ma di una raccolta di saggi, ma questo non muta in nulla la sostanza delle cose, che è semplicemente questa: il PCI ha sempre posseduto una struttura paramilitare segreta pronta ad intervenire per instaurare con la forza anche in Italia un regime comunista non appena le circostanze di politica interna e soprattutto internazionale l'avessero reso possibile, quella cui si è ripetutamente alluso come “Gladio rossa”.
La prima cosa che Sechi e De Fazio sulle sue orme ci fanno notare, è l'estrema difficoltà che esiste ancora oggi nel raccogliere informazioni su questo argomento, stante il clima omertoso, il “muro di gomma” che ancora oggi circonda tutto ciò che riguarda il Partito Comunista, eretto con l'attiva complicità di giornalisti e sedicenti intellettuali di sinistra:
“Il “muro di gomma” che esiste sull’argomento sembra essere stato messo in piedi per nascondere qualsiasi tipo di ricerca della verità storica da intellettuali faziosi e direttamente controllati dalla struttura partitica. Questa componente rappresenta un altro elemento di critica di Sechi, quello cioè, che la sinistra in generale (il riferimento è al Pci ma anche al Psi) avesse sempre avuto dalla sua parte, gestendo con molta attenzione una cerchia di giornalisti, scrittori e intellettuali che avrebbero permesso una “scrittura”, appunto, della storia relativa a questi partiti soprattutto, poco veritiera o strettamente di parte”.
Una delle poche cose che appaiono sicure al riguardo, è che questa struttura non sarebbe potuta esistere senza la disponibilità di grandi quantità di denaro, di origine certamente illecita. La fonte principale sembra essere stato il sistema di tangenti imposto dal PCI alle aziende italiane che intendevano commerciare con i Paesi comunisti, ossia proprio quel sistema di “pizzo” mafioso che tutti conoscevano fino alla fine degli anni '80 e di cui l'inchiesta “mani pulite” non ha voluto trovare traccia:
“A fianco delle grosse capacità di gestione e mantenimento del sistema partitico, c’era un apparato che prendeva sostentamento dalle ingenti quantità di denaro che il Pci riusciva a cooptare dai grandi mercati internazionali e che, a dire dell’autore, ne faceva il punto di riferimento del mercato import-export verso e dai paesi europei sotto l’orbita sovietica e anche verso il mercato “rosso” orientale rappresentato dalla Cina.”
C'è una considerazione che merita aggiungere: il nomignolo di “Gladio rossa” attribuito alla struttura paramilitare clandestina del PCI che, c'informa Sechi, non cessò di essere operativa prima degli anni '80, è del tutto improprio. “Gladio”, ovvero “Stay Behind” era una struttura segreta ma pienamente legittima costituita in ambito NATO con il compito di organizzare la resistenza dietro le linee in caso d'invasione sovietica. L'esistenza di tale struttura fu resa di dominio pubblico, vanificandone la funzione, dall'allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti con un atto contrario alla sicurezza nazionale, per ingraziarsi il PCI. Se qualcuno agì in modo illecito ed in danno dell'interesse nazionale nella vicenda “Gladio” fu lo stesso Andreotti, un individuo che, non solo per questa vicenda, ma si pensi ad esempio alla sua implicazione nell'assassinio del giornalista Mino Pecorelli e ai suoi legami con il boss mafioso Totò Riina, dovrebbe sedere a vita non sui banchi di Palazzo Madama ma sul tavolato di una cella.
Quello di “Gladio” non fu il solo caso nel quale una struttura del tutto legittima che svolgeva attività anticomunista, fu criminalizzata e fatta passare per golpista; un altro esempio allucinante fu la vicenda di Edgardo Sogno, a capo di una struttura che si occupava di fornire assistenza a quanti cercavano di fuggire od erano fuggiti dai “paradisi” comunisti dell'Est. Il PM Luciano Violante imbastì contro di lui una montatura giudiziaria “golpista” che non aveva nessun riscontro nella realtà. Per Sogno iniziò una lunga ed allucinante vicenda giudiziaria che è poco definire kafkiana, e per Violante una rapida carriera politica che lo ha portato fino alla presidenza della Camera. Dovremmo seriamente interrogarci sul vero significato di una democrazia che tratta da criminali coloro che difendono la libertà, e porta ladri, assassini e farabutti di ogni specie ai supremi vertici dello stato.
La cosiddetta “Gladio rossa”, invece, era un'organizzazione del tutto illegale con compiti di sovversione e, presentandosi l'occasione, di presa del potere con la violenza o di fiancheggiamento di un'eventuale invasione sovietica. Tutto ciò nell'ormai desueto linguaggio dei nostri padri aveva un nome preciso: tradimento.
Indipendentemente da quali fossero le sue finalità, la “Gladio rossa” era un'organizzazione illegale di per sé, poiché in Italia c'è una legge, la legge Scelba che proibisce ai partiti di dotarsi di organizzazioni paramilitari, ma siamo sinceri, nessun PM avrebbe mai incriminato né tanto meno nessun giudice avrebbe mai condannato il PCI in base alla legge Scelba, perché la democrazia ha un'altra stranezza, certe leggi sono “strabiche”, colpiscono una parte politica (e sono fatte apposta per colpirla), ma non le altre. Un esempio recente di ciò è anche la legge Mastella da poco introdotta che introduce il reato di “istigazione al genocidio”, ma possiamo essere matematicamente sicuri che essa non colpirà mai gli esaltatori delle foibe; ed io che vivo a Trieste, una città dove c'è una minoranza slovena che ha mantenuto intatto tutto il suo sciovinismo antiitaliano, vi posso assicurare che ce ne sono.
Il muro delle menzogne comincia a mostrare le prime crepe, ma non ci dobbiamo illudere: l'era degli inganni non è finita e non finirà né domani né dopodomani, ma un giorno la gente non ne potrà più di coloro che non hanno fatto altro che ingannarla, e sulla menzogna hanno fondato il loro potere.

 

mercoledì 8 luglio 2015

E' TUTTO FALSO E CI STANNO AMMAZZANDO






Alla luce della vittoria del NO in Grecia riportiamo alcune considerazioni del giornalista Paolo Barnard sul mito del cosiddetto “debito pubblico”

 
É tutto falso e ci stanno ammazzando.

 
di Paolo Barnard (*)

 
Faccio appello ai pochi che ancora usano la loro testa, vi prego, osservate.

 
L’Europa dell’euro sta esplodendo, e i prossimi a finire sotto le macerie saremo noi italiani, i portoghesi e gli spagnoli. Poi verranno i francesi e i tedeschi. Perché? Perché abbiamo tutti adottato una moneta, l’euro, che è sospesa nel nulla, non ha cioè uno Stato sovrano che la regoli, non si sa di chi sia, e soprattutto noi Stati europei la possiamo solo USARE, non possedere. E’ tutto qui il disastro, e vi spiego.

 

Ho già scritto che se la Grecia fosse ancora uno Stato che emette moneta sovrana non avrebbe nessun problema, perché potrebbe fare quello che fecero gli USA con un indebitamento assai peggiore (deficit di bilancio al 25% del PIL) 60 anni fa: emettere moneta, pagare parti del debito e rilanciare l’economia senza quasi limite. É esattamente quello che fa il Giappone da decenni. Osservate: oltre agli Stati Uniti che sono indebitatissimi (deficit di bilancio 1.400 miliardi di dollari e in crescita prevista fino a 2.900 fra 3 anni), il Giappone ha oggi un rapporto debito-Prodotto Interno Lordo del 200% circa (che in Europa sarebbe considerato l’inferno in terra), la Gran Bretagna ha in pratica lo stesso deficit di bilancio della Grecia e dovrà prendere in prestito 500 miliardi di sterline nei prossimi 5 anni. Ma avete sentito da qualche parte che vi sia un allarme catastrofico su USA, Giappone e Gran Bretagna? C’è qualcuno che sta infliggendo a quei tre Paesi le sevizie di spesa pubblica che saranno inflitte ai greci? No! Perché? Perché Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna sono possessori di una loro moneta non convertibile e non agganciata ad altre monete forti, e questo significa che i loro governi possono emettere moneta nel Paese per risanarsi come detto sopra. E attenzione: possono farlo  prendendola in prestito da se stessi, che a sua volta significa che se si indebitano fino al collo possono poi rifinanziarsi il debito all’infinito. E’ come se un marito fosse indebitato con la moglie... cosa succede? Nulla, sono lo stesso nucleo. Noi Stati europei invece dobbiamo, prima di spendere, prendere in prestito gli euro dai mercati di capitali, e quindi per noi i debiti sono un problema, perché li dobbiamo restituire a qualcun altro, non più solo a noi stessi. Noi siamo il marito e la moglie indebitati con gli usurai, ben altra storia. 

 

Ribadisco: uno Stato con moneta sovrana, come appunto Stati Uniti, Giappone o Gran Bretagna, può emettere debito sovrano senza problemi, e finanziarlo praticamente all’infinito con l’emissione di altra moneta, e questo, al contrario di quello che tutti vi raccontano,non è un problema (i dettagli tecnici in un mio studio futuro). Quanto ho appena scritto, è stato confermato pochi mesi fa,  fra gli altri, dall’ex presidente della Federal Reserve (banca centrale) americana, Alan Greenspan, che ha detto “un governo non potrà mai fare bancarotta coi debiti emessi nella propria moneta sovrana”. Infatti USA, Gran Bretagna e Giappone, che emettono debiti immensi, non sono al collasso come la povera Grecia e nessuno li sta crocifiggendo.

 

A voi che avete una mente libera, non viene da chiedervi perché gli USA sono rimasti al balcone a guardare, senza far nulla, la nascita di questo presunto gigante economico dell’euro? Sono stupidi? No. Sono furbi. Sapevano e sanno esattamente quello che ho detto, e cioè che con l’unione monetaria noi Stati europei ci saremmo ficcati precisamente nella gabbia in cui siamo: prigionieri di debiti che non possiamo più controllare e rifinanziare con una nostra moneta sovrana. A chi non lo ricorda, rammento che l’Italia con moneta sovrana degli anni ‘70/80 era zeppa di debito e di inflazione, ma aveva un’economia fortissima che oggi ci sogniamo (e su cui ancora mangiano milioni di figli del boom di quegli anni). Guarda caso dalla metà degli anni ’80, dalla nascita cioè dei poteri finanziari sovranazionali che sono quelli che lucrano oggi sulle nostre disgrazie, si iniziò a predicare agli Stati con moneta sovrana che un debito pubblico e un deficit erano la peste, e questo non è vero. Rileggete sopra. Non lo sono mai se uno Stato ha moneta propria, perché di nuovo “un governo non potrà mai fare bancarotta coi debiti emessi nella propria moneta sovrana”. Alan Greenspan è piuttosto attendibile, e furbo. E allora che scopo aveva quel mantra ossessivo sui (falsi) danni di deficit e debito pubblico che nessuno oggi osa più sfidare? Risposta: spingerci nella mani di una unione monetaria capestro con regole assurde di limiti del deficit e del debito, che ci avrebbe sottratto l'unica arma possibile (la sovranità monetaria) per gestire senza danni l'indebitamento. E questo per compiacere a chi? Risposta: al Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori guidato appunto dagli Stati Uniti, che con la scusa del risanamento degli Stati indebitati ma non più sovrani (noi appunto) ci costringe a vendere a prezzi stracciati i nostri beni pubblici ai barracuda finanziari, a deprezzare il lavoro con la disoccupazione (tanta offerta di lavoratori = crollano i loro prezzi, come con le merci), rovinando così le vite di generazioni di esseri umani, le nostre vite.

 

Infine, ricordo chi ha così fortemente voluto in Italia l’unione monetaria europea: Romano Prodi e Giuliano Amato in primis, che non sono stupidi e sapevano benissimo dove ci avrebbero portati. Alla faccia di chi ancora demonizza il centrodestra, che di peccati ne ha, ma confronto a questo sono cosucce da ridere. Qui stiamo parlando della svendita della speranza, per generazioni di cittadini, di poter avere controllo sull’economia, che è tutto, è libertà e democrazia, perché da cassintegrati/precari e senza più uno Stato sociale decente si è a tutti gli effetti degli schiavi.

 

La crisi dell’Europa, il calvario della Grecia e il nostro prossimo calvario, sono tutta una montatura costruita dall’inganno dell’unione monetaria, dall’inganno dell'inesistente dovere di risanare i debiti degli Stati, che non sono mai un problema se quegli Stati sono monetariamente sovrani. Un inganno ordito dai soliti noti di cui sopra.

 

Uscire dall’unione monetaria subito! Ritornare Stati europei con moneta sovrana e non convertibile, ora! Hanno ragione i greci, e faccio eco al loro grido scritto sulle pendici dell’acropoli: “Popoli d’Europa, sollevatevi”.

 
(*) fonte Paolo Barnard.info